Con molta probabilità dirò una cosa impopolare: detesto Pinocchio. Ho deciso di rendere pubblica questa mia idiosincrasia dopo essermi imbattuto nell’ennesimo articolo che incensa il libro più letto, più tradotto, più amato al mondo dopo la Bibbia.
Pinocchio non solo è un brutto libro ma, fatto altrettanto grave, è anche pericoloso. La sua principale “colpa” consiste nel fare la morale. Si tratta di qualcosa di diverso dal trasmettere una morale. Sono intimamente morali ad esempio le Favole di Esopo o le Operette di Leopardi. Che un testo intenda comunicare un insieme di valori e convincimenti sul mondo, la vita o la morte, la società non è una colpa. Ma come lettori dobbiamo pretendere che l’intento morale sia evidente. E che i valori incarnati dal testo siano alti. Né l’una né l’altra condizione trovano – ahimè – riscontro in Pinocchio.
L’inganno dell’innocua favoletta
Nonostante le apparenze di un libro di intrattenimento per l’infanzia, Pinocchio è un testo con intenti educativi. La morale però si annida subdolamente nella struttura e nel plot stesso della favola, in quell’idea (perniciosa) della promozione di Pinocchio da essere di legno a bambino in carne ed ossa!
Come fare per ottenere l’agognata trasformazione? Attraverso un percorso esistenziale di pericoli ed esperienze punitive Pinocchio impara che è giusto istruirsi (e fin qui come non essere d’accordo), che non bisogna bighellonare (già si intravede la mentalità piccolo borghese dell’autore che non contempla l’ozio come momento di crescita personale ma lo equipara al lassismo); obbedire ai genitori (che sia un saggio grillo parlante o un vecchio artigiano single), alle Forze dell’Ordine, all’Autorità Costituita. Insomma per essere accettato socialmente, riconosciuto come legittimo membro della società bisogna seguire le regole!
Eccola la pecca peggiore, aberrante e insieme anti moderna: l’idea che seguire le regole sia sempre la strada giusta. Per cosa? Per diventare adulti obbedienti. Uomini e donne tutti uguali, conformi allo standard (inevitabilmente basso) della maggioranza. Disciplinati cittadini e buoni genitori forse, ma mediocri individui. Pinocchio soffoca la sregolatezza, quella non conformità che – caro Collodi – non sforna solo pericolosi dinamitardi, anarchici e insurrezionalisti, ma anche geni! Non conformità che, così per citare qualche “rivoluzionario anticonformista” alla rinfusa, ha regalato a noi tutti Copernico, Einstein, Joyce, Picasso…
Un paragone impietoso
Qualche anno prima della pubblicazione in Italia di Pinocchio in Inghilterra Lewis Carroll scrive Alice nel Paese delle Meraviglie. Anche questa una favola per bambini, un’avventura in un mondo fantastico… eppure quello di Carroll è un testo completamente diverso, antitetico addirittura a Pinocchio. Un libro che attraverso la creazione di un mondo immaginario alla rovescia governato dal nonsenso critica la società vittoriana inglese e con questa tutte società ingessate, perbeniste e piccolo borghesi. Non celebra il potere costituito ma lo critica, per migliorarne le Istituzioni e gli Istituti. Un frammento esemplificativo del testo di Carroll sul famoso processo per il furto della torta della Regina di Cuori:
Maestà, — disse il Fante, — io non li ho scritti [i biglietti], e nessuno potrebbe provare il contrario. E poi non c’è alcuna firma in fondo.
Il non aver firmato, — rispose il Re, non fa che aggravare il tuo delitto. Tu miravi certamente a un reato; se no, avresti lealmente firmato il foglio.
Questo prova la sua colpa, — affermò la Regina.
Che i giurati ponderino il loro verdetto — disse il Re, forse per la ventesima volta quel giorno.
No, disse la Regina. — Prima la sentenza, poi il verdetto.
Scrivendo queste righe mi torna alla mente una paragone che ogni tanto una mia amica utilizza per stigmatizzare la pochezza di certa nostra cultura ottocentesca: nel periodo in cui in Germania c’era Hegel noi avevamo l’Abate Rosmini!
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P.S. : a scanso di equivoci, sono assolutamente contrario alla lettura di un testo alla luce esclusivamente dei valori contemporanei. Tale atteggiamento che fa ogni tanto capolino in Occidente provoca ridicole messe al bando di testo innocenti e molto belli, quali ad esempio Huckleberry Finn accusato di razzismo da alcune associazione di genitori di alunni negli Stati Uniti. I testi vanno sempre contestualizzati: a Collodi insomma va riconosciuta l’attenuante dei limiti propri della cultura risorgimentale e borghese a cui appartiene. Non si bandisca Pinocchio ma neppure, come sta accadendo, lo si celebri acriticamente. Viene un sospetto: sarà un caso che in tempi di mediocrità e conformismo in molti facciano a gara per celebrarlo?
Nel mio libro, l’ispettore che conduce le indagini su un misterioso omicidio si imbatte i un intero servizio del TG della sera su Pinocchio e sulla bugia. Il fatto è reale e in RAI se lo ricordano ancora quel servizio con un certo malcelato imbarazzo.