Inseguo Dan Flavin da una vita, ma lui mi sfugge. Il desiderio di capirlo col tempo si è fatto ossessione: è caravaggesco, assomiglia a Fontana, ricorda Judd… borbotto mentre porto in giro il cane o sto in trance davanti al tiggì. Non posso farci niente, paragonare qualcosa a qualcos’altro è il modo più semplice che conosco di dare un senso alle cose. Eppure niente, Flavin è simile solo a Flavin. E allora dedico le mie notti insonni alla lettura bulimica sui suoi neon psichedelici.

Sono le tre e due minuti di una di queste notti quando compulsando sul cellulare atterro su un’improbabile pagina web che mi bombarda di banner pubblicitari.  Schiaccio close, pigio x, scanso annunci di case in vendita al mare – maledetti cookie! – ricarico pagine. Quando sto per desistere finalmente riesco a leggere la notizia cui ho abboccato googlando: al Kunstmuseum di Basilea si tiene una mostra su Flavin, Dedications in Lights. Alle dediche non avevo mai fatto troppo caso, mi parevano inserite surrettiziamente, messe tra parentesi accanto ad un tombale untitled. Punto, fine.

Ti sveglio di soprassalto, forse per questo ti convinco a venire con me senza troppo sforzo. Ci buttiamo sul primo treno disponibile e partiamo. Agli amici che ci hanno invitato all’ennesima cena, accenno che vado in Svizzera, se raccontassi la storia per intero commenterebbero come al solito che si tratta di banali neon colorati.

Dopo la visita, seduti a un tavolino di un bar ne parliamo a tratti inframmezzati a silenzi perché devo ancora ordinare il guazzabuglio di emozioni, separare le impressioni dalle considerazioni, discernere.

Quindi questo mistero, ne sei venuto a capo in qualche modo?

Ricordi quando a Roma alla Galleria Nazionale ho visto quell’opera di Flavin spenta?

Una della serie dedicata a Tatlin…

Esattamente. Allora lamentai la condizione dell’opera, insomma spenta un’istallazione luminosa semplicemente non è.

Tatlin si è spento.

Proprio così. Non si dice forse si è spento di una persona che muore?

Flavin sapeva che le sue istallazioni avrebbero avuto vita breve, il tempo della durata del gas contenuto nei neon. Solo qualche migliaia di ore di fluorescenza…

Ogni essere vivente ha un limite di esistenza determinata da un numero massimo di battiti cardiaci, fisso e uguale per tutte le specie: così una tartaruga, ad esempio, con sei battiti al minuto è tra gli animali più longevi e può raggiungere i centocinquant’anni, mentre un essere umano con una media di…  – quante? tra le sessanta e le cento pulsazioni – arriva generalmente a ottant’anni.

Vediamo, se in un anno ci sono qualcosa come cinquecentomila e rotti minuti, arriviamo a tre milioni di pulsazioni l’anno per una tartaruga che moltiplicati per centocinquant’anni di vita fanno circa… quattrocentocinquanta milioni di battiti, milione più, milione meno. Nel nostro caso… trenta milioni per ottant’anni… duemilaquattrocento milioni. Affascinante, ma non regge.

Ho smesso di ascoltare a trenta milioni, la nuda verità dei numeri mi lascia sempre indifferente. Il tuo computo così asettico mi fa pensare a quanti pochi milioni di battiti mancano a me… certo che se siamo riusciti ad allungare la vita delle opere di Flavin sostituendo le parti non più funzionanti, un giorno potrebbe succedere anche a noi di essere riparati pezzo a pezzo e vivere in eterno nella forma di moderni Frankenstein portati – o riportati alla luce – da una scarica elettrica.

Tu sei ancora impegnato nei tuoi conti, mentre mi rendo conto che non so proprio nulla di come funziona un neon.

Come si genera la luce in un neon?

Lì per lì non rispondi. Poi afferri il cellulare, riattivi in roaming che abbiamo disabilitato perché in Svizzera non è compreso nei nostri contratti e prendi a digitare: A ognuna delle due estremità del tubo è presente un elettrodo. Il passaggio della corrente sollecita i gas a emettere radiazione nell’ultravioletto. Il materiale fluorescente, investito da tali radiazioni, emette a sua volta radiazione visibile, cioè luce… Ti interessa anche come avviene l’accensione? Ah ecco, vedi, lo dice anche qui che la vita massima dei neon industriali è tra le dodicimila e le quindicimila ore calcolando cicli di accensione media di otto ore…

Saremmo solo un coacervo di particelle, gas senza luce se non ci fosse quel passaggio. Lo stesso Universo non esisterebbe senza il Big Bang… serve un transito di energia indotto in qualche modo, due elettrodi, o… ma certo!

Certo, cosa?

Servono due estremità, due elettrodi o come diavolo si chiamano o… due di-ta. Proprio così… due dita perché si inneschi la vita. Hai presente nella cappella sistina, Dio che sfiora Adamo, la creazione? Flavin l’avrà vista la Cappella Sistina almeno una volta nella vita, non aveva frequentato il seminario?

Sì, ma a Brooklyn.

Ma poi ha studiato storia dell’arte alla Columbia!

Va bene, vai avanti.

Pensaci… un uomo che muore “si spegne”, la vita “si accende” per una qualche misteriosa scintilla…

O magari per una semplice reazione chimica, un accadimento del tutto casuale tra miliardi di possibilità e non possibilità…

Ma è lo stesso, c’è comunque un principio, un’accensione. Tutto ha un senso.

Hai ancora il libretto sulla mostra? Dammi qui. Tralascio le mie annotazioni, tutte quelle linee tirate coi pennarelli colorati accanto alle istallazioni alla forsennata ricerca di una qualche verità nascosta negli abbinamenti cromatici.

Come immaginavo! Tutte le dediche delle opere, tranne quello contro la guerra, sono intestate a persone, capisci persone realmente esistite: Henri Matisse, Don Judd, David Zwirner…

E quindi?

Quindi, le opere di Dan Flavin non sono altro che ciò che sono la maggior parte delle opere artistiche, dai greci a noi, passando per Leonardo, Rembrandt o Van Gogh. Sono ritratti! Ritratti che poi si spengono come sono destinati a spegnersi gli esseri umani, come si sono spenti gli amici e gli artisti delle dediche. I tubi luminescenti sono persone che con la loro esistenza hanno emanato una luce, una combinazione assolutamente particolare di colori… ora che ci penso, varrebbe la pena riprendere Jung e la sua teoria dei colori e dei tipi psicologici… (forse l’aver segnato sul libretto tutti i colori dei neon non sarà stato invano!). L’istallazione dedicata alla moglie quella tutta rossa, il rosso non è forse il coloro delle personalità sanguigne, del sentimento?

Però le opere dedicate a Tatlin hanno la forma di quel suo progetto mastodontico di monumento che avrebbe dovuto celebrare le magnifiche sorti e progressive del comunismo…

Ma noi siamo ciò che facciamo e per Tatlin quella torre ha rappresentato un’ossessione per tutta la vita…

La presenza del cameriere che troneggia al tuo fianco interrompe il mio delirio critico-filosofico. È ora di tornare alla realtà e pagare. Diciannove euro per due birrette schifose!

Sono soltanto le sette di sera, ma siamo rimasti gli unici avventori e una solerte ragazza col piercing sta già spegnendo le luci del locale. Alla mia esitazione oppone un’occhiataccia inequivocabile. Deve avere qualche urgenza più importante che assecondare le farneticazioni di due sconosciuti.

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